Quando:
Data - 28/09/2024
Ora - 18:00
Dove
Valvasone, Castello
sabato, 28 Settembre 2024 — Ore 18:00
Elisabetta De Mircovich e Matteo Zenatti
Teatrino del Castello di Valvasone
Piazza Castello 1 – Valvasone
Biglietto 8,00 €
Presentazione
La sofferenza d’amore, che incatena gli innamorati in una prigione più o meno dorata, è stata, è e sarà molto probabilmente rappresentata, cantata e dipinta nell’arte di ogni tempo.
In questo vagabondaggio musicale e temporale partiremo dal Dodicesimo secolo, epoca in cui nasce la teorizzazione del cosiddetto amor cortese, o meglio, il fin’amor.
Andrea Cappellano, nella sua opera filosofico-didattica De amore, ne definisce i principi basilari che ispireranno le coeve liriche dei trovatori in lingua d’oc, come quelle dei successivi minnesänger tedeschi. La libertà e la spregiudicatezza del sentimento a volte sono descritte con straordinaria intensità, fuori dagli schemi della docile dedizione all’amata, come nella canso di Raimbaut de Vaqueiras, dove l’uomo si sottomette all’amata quasi odiando se stesso per essere completamente dedito a lei.
La sofferenza amorosa, però, non è solo causata dalla condizione di schiavitù, ma anche dalla lontananza o dal distacco degli amanti: il cosiddetto “amor de lonh”, ossia il desiderio non appagato, la nostalgia di gioie mai gustate, viene cantato spesso nella lirica dei trovatori, mentre nello stesso secolo anche la badessa renana Hildegard von Bingen, nella sua Simphonia virginum, canta di Cristo come di un amante lontano.
E ancora, il tipico genere della “canso de alba”, in cui due amanti clandestini si svegliano troppo tardi e devono lasciarsi frettolosamente per paura di essere scoperti e disonorati, continua fino al Quattrocento nella sconcertante Es seusst di Oswald von Wolkenstein in un crescendo di trasporto erotico e di tensione melodica.
Amor cortese e ‘scortese’ convivono fin dagli esordi: lamentele, invettive e doppi sensi emergono nei testi di canzoni di ogni tempo, dai Carmina Burana all’Ars Nova italiana, alle arie di Cinque e Seicento: ovunque amanti abbandonati, afflitti per un amore non corrisposto, donne sedotte con l’inganno o altre che rivendicano la propria indipendenza amorosa.
Il programma si spinge quasi fino ai giorni nostri, con una breve incursione nel repertorio di un moderno trovatore, il nostro Fabrizio De André, e nella new wave inglese, con tre brani decisamente scortesi; sebbene si tratti di supremo vassallaggio amoroso, non è altro che la teorizzazione di Andrea Cappellano portata all’estremo: servitium amoris, ossia il comandamento per cui l’amante deve porsi al completo servizio della figura femminile, intesa come una creatura superiore e irraggiungibile.